IL MULINO DELLA MORTE

“GIANLUCA, MUOVITI, VAI A RACCOGLIERLA!”

“MACCHÉ, BISOGNA SCAVALCARE LA RETE, E GIANLUCA È TROPPO GRASSO.”

GIANLUCA ALZÒ IL DITO MEDIO IN DIREZIONE DI PIERCARLO: “VADO IO, FACCE DI MERDA.”

SECCATO CHE QUELLA PSICOLOGIA INVERSA DA QUATTRO SOLDI AVESSE FUNZIONATO NONOSTANTE LA SAGGEZZA DEI SUOI TREDICI ANNI, GIANLUCA SI ARRAMPICÒ SULLA RETE METALLICA, BALZANDO DALL’ALTRA PARTE.

“EHI, PIERCARLO, MA QUELLO NON È IL CAMPO DI CUI DICEVA TUA NONNA, QUELLO DEL MULINO?”

GIANNI E PIERCARLO SI SCAMBIARONO UNO SGUARDO PREOCCUPATO.

“GIANLUCA! ASPETTA!”

MA IL RAGAZZO ERA SCOMPARSO NELL’ERBA ALTA.

[…]

GIANLUCA SI FECE STRADA ATTRAVERSO LA STERPAGLIA, CERCANDO DI SEGUIRE MEGLIO CHE POTEVA LA TRAIETTORIA DELLA PALLA, MENTRE I CIUFFI DI ORTICA GLI SFERZAVANO LE CAVIGLIE.

“QUELLE TESTE DI CAZZO… QUEI DUE FIGLI DI PUTTANA” MORMORÒ GIANLUCA TRA SÉ E SÉ.

DOPO UNA VENTINA DI METRI L’ERBA ALTA FINIVA BRUSCAMENTE: GIANLUCA SI TROVÒ IN UN AMPIO CORTILE; DAVANTI A LUI C’ERA UNA CASUPOLA IN PIETRA NUDA, E AL FIANCO UNA RUOTA DI LEGNO, IMMERSA IN UN RUSCELLO.

ERA UN MULINO, EVIDENTEMENTE, O LO ERA STATO: LA RUOTA PAREVA IMMOBILE, E L’ACQUA ERA INFATTI STAGNANTE E PALUDOSA, INCRESPATA SOLO DALL’OCCASIONALE SOSTA DI QUALCHE LIBELLULA.

C’ERA UN ODORE SGRADEVOLE NELL’ARIA, UN ODORE DI PUTREFAZIONE E DI FOGLIE MARCE.

GIANLUCA SI GUARDÒ ATTORNO: LA PALLA ERA LÌ, NEL CORTILE; SI AVVICINÒ PER RACCOGLIERLA, MA MENTRE SI CHINAVA SENTÌ IL PORTONE DELLA CASA APRIRSI CIGOLANDO.

SULL’USCIO APPARVE UN UOMO SULLA SESSANTINA, ALTO, DAI CAPELLI BRIZZOLATI E I LINEAMENTI AGGRAZIATI. SFODERÒ UN SORRISO GIOVIALE IN DIREZIONE DI GIANLUCA, MA IL RAGAZZO NON POTÉ FARE A MENO DI LEGGERE QUALCOSA DI RACCAPRICCIANTE NEI SUOI PROFONDI OCCHI SCURI.

SENTIVA IL BISOGNO DI FUGGIRE, E NON CAPIVA PERCHÉ.

“HOLA PAQUITO, AVETE PERSO LA PALA?”

“S… SI”, RISPOSE GIANLUCA CON UN FILO DI VOCE.

“NO SABES QUE ESTA ES PROPRIETÀ PRIVATA? DOVREI CHIAMARE LOS CARABINIEROS…”

GIANLUCA SI ALZÒ DI SCATTO, COME PER FUGGIRE.

“JAJAJAJA… ESTOY SCHERZANDO PAQUITO… VIENI DENTRO… HACEMOS LA MERENDA…”

GIANLUCA CONTINUAVA AD ESSERE DIFFIDENTE, MA NON RIUSCÌ A RESISTERE ALLO SGUARDO SERAFICO E MAGNETICO DELL’UOMO, E ALLA SUA VOCE IPNOTICA.

ENTRÒ: ERA UN AMBIENTE DALL’ARREDAMENTO SPOGLIO, POLVEROSO E TAPPEZZATO DI RAGNATELE, IMPREGNATO DI UN ODORE STANTIO… SULLA TAVOLA, RIVESTITA DA UNA TOVAGLIA SGARGIANTE, GIANLUCA NOTÒ UN CESTINO PIENO DI MERENDE.

“VIENI, COMES UN FLAUTO!”

GIANLUCA SI MISE A SEDERE E ADDENTÒ LA MORBIDA PASTA: UNA CREMA DI ESTREMA DOLCEZZA INVASE IL SUO PALATO; CHIUSE GLI OCCHI PER IL PIACERE, E SENTÌ UN RETROGUSTO INSOLITO ACCAREZZARGLI LA GOLA.

“COSA C’È IN QUESTO FLAUTO, SIGNORE?”

NON RICEVETTE RISPOSTA: MENTRE LA VISTA GLI SI ANNEBBIAVA, RIUSCÌ SOLO A SCORGERE UN GHIGNO DI BIECA SODDISFAZIONE SUL VOLTO DELL’UOMO, PRIMA DI PERDERE I SENSI.

[…]

ROSITA EMISE UN COCCODÉ DI PIACERE, MENTRE IL SEME DI BANDERAS LA INONDAVA, FERMENTANDO I SUOI NERI OVULI.

SI ALZÒ CON SDEGNO DAL CORPO NUDO E SUDATO DEL PIACENTE ATTORE IBERICO.

“TE HO FERTILIZADO?”

“SI”, RISPOSE ROSITA NEL SUO GRACCHIANTE IDIOMA GALLINACEO, “HAI PREPARATO IL BAMBINO?”

“SÌ, È DI SOPRA…”

“BENE… TRA POCO DOVRÒ DEPORRE.”

ANTONIO SAPEVA CHE LEI NON LO AMAVA: AVEVA SOLO BISOGNO DEL SUO SEME.

DEL RESTO LUI STESSO SI CHIEDEVA DI FREQUENTE SE QUELLO CHE PROVAVA FOSSE REALMENTE AMORE, E NON SEMPLICE ISTINTO DI SOPRAVVIVENZA.

ERA STATO UN UOMO BUONO, UN TEMPO, FORSE PERFINO UN UOMO GIUSTO. MA L’OSCURITÀ HA UN MODO TUTTO SUO DI AVVINGHIARSI ALLE PAURE E ALLE DEBOLEZZE DEGLI ESSERI UMANI, DI CORROMPERNE L’ANIMA UN BRICIOLO ALLA VOLTA, LENTAMENTE, IN MODO TALE CHE QUANDO ARRIVA LA REALIZZAZIONE DI CIÒ CHE SI È DIVENTATI È ORMAI TROPPO TARDI PER CAMBIARE STRADA.

E COSÌ BANDERAS SI ERA RITROVATO, SENZA NEANCHE ACCORGERSENE, A TRADIRE LA SUA STESSA SPECIE, E NON SAPEVA SE PER DEBOLEZZA O PER AMORE, NÉ QUALE DELLE DUE FOSSE L’IPOTESI PEGGIORE.

SE ALL’INIZIO ERA RIUSCITO AD AFFOGARE I DUBBI NELLA LUSSURIA DI QUELLE MORBIDE PIUME, ORA L’ENTITÀ DEL SUO CRIMINE COMINCIAVA AD AFFIORARE IN TUTTE LE SUE ORRENDE, APOCALITTICHE DIMENSIONI.

L’ESERCITO DI MOSTRUOSI IBRIDI UMANO-GALLINA CHE STAVA MATURANDO NEI SOTTERRANEI DEL MULINO BIANCO ERA FIGLIO DEL SUO PECCATO: QUANDO LE UOVA CHE ROSITA AVEVA DEPOSTO NEI CORPI DI QUEGLI ADOLESCENTI INERMI SI SCHIUDEVANO, E LE EMPIE CREATURE ANNUNCIAVANO PIGOLANDO VERSO LA LUNA PIENA LA LORO FAME DI CARNE UMANA, BANDERAS SAPEVA CHE ERANO SANGUE DEL SUO SANGUE.

NEL GIORNO DELL’INSURREZIONE, QUANDO LE ORDE DEL POLLAME MALIGNO SI SAREBBERO RIVERSATE NEL MONDO PER MASSACRARE E SOTTOMETTERE L’UMANITÀ IMPAURITA, ANTONIO AVREBBE ASSISTITO IMPOTENTE.

E LORO LO AVREBBERO RISPARMIATO.

IN FONDO, ERA IL LORO PADRE.

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