MARIO E IL MOSTRO

MARIO NON ERA MAI STATO FELICE.
QUANDO LA MATTINA SI SEDEVA DIETRO AL SUO SPORTELLO, ALL’UFFICIO POSTALE DI VIA MAZZINI, E DAVA UN’OCCHIATA INFASTIDITA ALLA FILA DI VOLTI ANONIMI CHE SI STENDEVA DI FRONTE A LUI, GLI PAREVA DI OSSERVARE LA REALTÀ ATTRAVERSO UN VETRO OPACO.
NON ERA MAI STATO FELICE, FORSE NEPPURE DA BAMBINO.
ERA RIMASTO MARCHIATO TROPPO PRESTO.
VEDERE IL PATRIGNO PORTATO VIA IN MANETTE, DOPO CHE FINALMENTE LA MADRE SI ERA DECISA A DENUNCIARLO, AVEVA ALIMENTATO L’ILLUSIONE CHE CON LUI SE NE SAREBBERO ANDATI ANCHE I DEMONI CHE LO TORMENTAVANO.
NON ERA STATO COSÌ.
LE CICATRICI ERANO TROPPO PROFONDE, E QUEL SENSO DI IMPURITÀ E DI INADEGUATEZZA NON LO AVEVA MAI LASCIATO, IMPEDENDOGLI DI FARE PROGETTI, DI COLTIVARE AMBIZIONI E SPERANZE.
SI ERA TROVATO COSÌ, SULLA SOGLIA DEI QUARANT’ANNI, A TIMBRARE BOLLETTINI E VERSARE PENSIONI COME UN SONNAMBULO, IN ATTESA CHE L’UFFICIO CHIUDESSE E INIZIASSE LA SUA VERA VITA.
UTILIZZAVA DIVERSI SISTEMI DI NAVIGAZIONE IN INCOGNITO, E IL FATTO DI NON ESSERE MAI STATO PRESO AVEVA NUTRITO IL SUO SENSO DI IMPUNITÀ, RENDENDOLO SEMPRE PIÙ AUDACE.
AVEVA INIZIATO CON SEMPLICI FOTO E VIDEO, POI ERA PASSATO ALLE CHAT, DI QUELLE IN CUI POTEVA SCAMBIARE MATERIALE E STORIE CON UNA VARIOPINTA CONGREGA DI PROPRI SIMILI.
E POI SI ERA MESSO A FARE LE FOTOGRAFIE LUI STESSO, ALL’INIZIO ALL’INGRESSO DELLA SCUOLA, E IN SEGUITO ATTRAVERSO UNA FINESTRA CHE DAVA SULLO SPOGLIATOIO.
AVEVA DECISO, IN BASE A UNA COERENZA INTERIORE TUTTA SUA, DI ESSERE ESENTE DAI PARAMETRI MORALI CHE SI APPLICAVANO AL RESTO DELLA SOCIETÀ.
QUELLI VALEVANO PER LE PERSONE DI SUCCESSO, PER LE PERSONE FELICI E REALIZZATE. NON PER LUI, A CUI ERA STATA NEGATA OGNI POSSIBILITÀ DI ESSERE COME LORO.
SE C’ERA UN DIO MISERICORDIOSO NON L’AVREBBE CERTO PUNITO PER L’UNICA, LA SOLA COSA CHE GLI DESSE PIACERE NELLA VITA.
SEGUENDO QUESTA CONVINZIONE, AVEVA SAGGIATO DI CONTINUO I LIMITI DELLA SUA ELASTICITÀ MENTALE, SPINGENDOSI SEMPRE OLTRE.
L’ULTIMO PASSO PERÒ, QUELLO DI ANDARE DALL’OSSERVAZIONE ALLA CACCIA VERA E PROPRIA, NON AVEVA ANCORA AVUTO L’OCCASIONE DI COMPIERLO.
UNO DEI SUOI COMPAGNI DI CHAT, PIFFERAIO_76, FACEVA SPESSO LO SPACCONE, VANTANDOSI DI TUTTE LE SUE ‘CONQUISTE’, E SPIEGAVA I METODI PIÙ SICURI PER NON FARSI BECCARE, INVITANDO GLI ALTRI A SEGUIRE IL SUO ESEMPIO.
MARIO ERA CONSAPEVOLE DEI RISCHI, MA IMMAGINARE NON GLI BASTAVA PIÙ. SENTIVA QUELLA SETE FEROCE CRESCERE DENTRO DI LUI, E DIVORARLO. OLTRE AL PIACERE, NEGLI ANFRATTI PIÙ REMOTI DELLA SUA MENTE C’ERA UNA MOTIVAZIONE INCONSCIA, CON RADICI BEN PIÙ FORTI. UNA FORMA DI ASTIO, DI INVIDIA PER QUELLA INFANZIA CHE GLI ERA STATA NEGATA, LA CONVINZIONE IRRAZIONALE CHE, VIOLANDO L’INNOCENZA DI ALTRI, FORSE AVREBBE RITROVATO LA SUA.
FECE LA SUA MOSSA UN POMERIGGIO DI APRILE. QUEL BAMBINO GRASSOTTELLO TORNAVA A CASA DA SOLO, PERCORRENDO SEMPRE LA STESSA STRADA, UN VIOTTOLO STERRATO DA CUI NON PASSAVA MAI NESSUNO.
LO AFFIANCÒ CON LA SUA SEICENTO BIANCA.
“EHI BIMBO, VUOI UN PASSAGGIO A CASA?”
IL BAMBINO ANNUÌ. MARIO GLI APRÌ LA PORTIERA, E LUI SALÌ IN MACCHINA SENZA PROFERIRE PAROLA.
“COME TI CHIAMI BEL BIMBO?”
IL BAMBINO RIMASE IN SILENZIO, CONTINUANDO A FISSARE MARIO COI SUOI GRANDI OCCHI SCURI.
“VA BENE, SEI UN TIPETTO DI POCHE PAROLE. MI PIACCIONO I TIPETTI COME TE. E DOVE STAI DI CASA?”
“C’È UN VECCHIO CAPANNONE ABBANDONATO A MEZZO CHILOMETRO DA QUI” RISPOSE IL BIMBO CON TONO CUPO.
“ACCIPICCHIA E PURE SVEGLIO! HAI GIÀ CAPITO L’ANTIFONA!”
“SO CHE RESISTERE È INUTILE” REPLICÒ IL BIMBO CON VOCE PIATTA.
MARIO ANNUÌ. SAPEVA CHE ERA COSÌ.
PARCHEGGIÒ LA SEICENTO DIETRO IL CAPANNONE, E SI VOLTÒ VERSO IL BAMBINO: GLI PARVE, DI SFUGGITA, CHE SI FOSSE INGROSSATO DA QUANDO LO AVEVA CARICATO, E CHE I VESTITI GLI STESSERO ANCORA PIÙ STRETTI. SICURAMENTE SI STAVA SBAGLIANDO.
“CHE FACCIAMO. ANDIAMO DENTRO?”
“NO, MARIO. VOGLIO FARLO QUI.”
ANCHE LA VOCE DEL BAMBINO PAREVA ALTERATA, SEMBRAVA PIÙ PROFONDA E DISTORTA.
“EHI MA COME SAI IL MIO NOME?”
MARIO SENTÌ IL RUMORE DELLE SICURE CHE SI ABBASSAVANO.
PER L’ULTIMA VOLTA.
QUELLA SERA SI ERANO INCONTRATI DUE MOSTRI MOLTO DIVERSI.
UNO ERA NATO DAGLI ABUSI E DALLA DISPERAZIONE, UN MOSTRO PATETICO E SENZA SENSO.
L’ALTRO, INVECE, ERA SEMPRE ESISTITO.

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