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L’INCARICO A POVIA

DOPO UNA LUNGA PAUSA DI RIFLESSIONE IL PRESIDENTE MATTARELLA HA FINALMENTE DECISO DI AFFIDARE UN MANDATO ESPLORATIVO AD UNA PERSONA DI GRANDE AUTOREVOLEZZA E SPECCHIATA TERZIETÀ RISPETTO AI FAZIONALISMI DEI PARTITI: GIUSEPPE POVIA.

RAGGIUNTO DAI NOSTRI CRONISTI IL POLIEDRICO CANTANTE HA DICHIARATO:

“ALL’INIZIO ERO TITUBANTE MA POI IL PRESIDENTE MI HA FATTO SALIRE SULLA SUA ASTRONAVE. SIAMO PARTITI VERSO LO SPAZIO, LUI VOLEVA SENTIRE I LED ZEPPELIN MA IO L’HO CONVINTO A METTERE SU NELLO STEREO IL MIO ULTIMO DISCO: ‘NUOVO CONTRORDINE MONDIALE’. LO HA MOLTO APPREZZATO E DOPO LE PRIME TRE TRACCE, MENTRE PASSAVAMO DAVANTI ALLA NEBULOSA DI ORIONE, SI È MESSO A CANTICCHIARE IL MOTIVETTO DEL SINGOLO ‘CHI COMANDA IL MONDO’, DICENDO CHE DOVEVO CHIAMARLO ‘SERGIO’ E AGGIUNGENDO LE SEGUENTI PAROLE: ‘POVIA TE HAI CAPITO TUTTO CAMPIONE’. QUANDO SIAMO TORNATI INDIETRO E SIAMO ATTERRATI NELLO SPAZIOPORTO DEL QUIRINALE AVEVO GIÀ DECISO DI ACCETTARE L’INCARICO PER AIUTARE SERGIO A SUPERARE L’IMMOBILISMO PARLAMENTARE E A SALVARE IL PAESE.”

LO STAGNO DEI DIMETRODONTI

NEL SENTIRE IL SANGUE RISCALDARSI AL PRIMO SOLE DEL MATTINO, POVIA RILASSÒ I MUSCOLI E ADAGIÒ LA PANCIA A TERRA.
VOLEVA CANTARE, MA LA SUA PRIMITIVA LARINGE NON GLI CONSENTIVA ALTRO CHE UN MUGGITO GUTTURALE.
UDÌ UN MUGGITO DI RISPOSTA: ERA FRANCO. ALZANDO LO SGUARDO LO VIDE AVVICINARSI PIGRAMENTE, ONDEGGIANDO LA VARIOPINTA VELA DORSALE AD OGNI FALCATA.
SI SCAMBIARONO UN COLPO DI CODA IN SEGNO DI SALUTO.
“BEPPE… GLI ALTRI STANNO ANDANDO A FARE COLAZIONE. VIENI?”
CON LA CODA DELL’OCCHIO POVIA NOTÒ GLI ALTRI DIMETRODONTI CHE SI AVVIAVANO IN DIREZIONE DELLO STAGNO.
“SÌ, ARRIVO… SCUSAMI, FRANCO, SONO ANCORA UN PO’ INTONTITO.”
“AHAHAHAH… ERI CON QUELLA IERI SERA, VERO?”
“LASCIA STARE, VALÀ… POI STAMATTINA FA VERAMENTE UN CALDO DELLA MADONNA…”
LA RIVA DELLO STAGNO PULLULAVA GIÀ DI GENTE COL MUSO IMMERSO NELL’ACQUA, A CACCIA DI CIBO. LA SUPERFICIE ERA INCRESPATA DAL VIAVAI DELLE GRANDE LIBELLULE, IL LORO ONNIPRESENTE RONZIO INTERROTTO SOLO DALL’OCCASIONALE GUIZZO DI QUALCHE PESCE.
“BEPPE, QUELLA TI STA FISSANDO…”
“COSA?”
“SULL’ALTRA RIVA… NO FERMO! NON GUARDARLA E CONTINUA A PESCARE, SENNÒ CAPISCE CHE STIAMO PARLANDO DI LEI…”
POVIA AFFONDÒ LE FAUCI NELL’ACQUA, EMERGENDONE CON UNO XENACANTO DI DISCRETE DIMENSIONI INFILZATO TRA I DENTI AGUZZI.
ALLA VISTA DI QUELLA GHIOTTA CATTURA, GLI ALTRI RAGAZZI DEL BRANCO BATTERONO LE CODE A TERRA IN SEGNO DI APPROVAZIONE.
“SOCCIA, QUESTO CE LO SMEZZIAMO,” ESCLAMÒ FRANCO.
CON UNA ZAMPA POVIA SPINSE LO XENACANTO VERSO FRANCO: “TIENILO PURE TUTTO.”
“CHE HAI STAMATTINA? SCOSSO PER QUESTA STORIA DI PAOLA?”
“MAVALÀ… ERA UNA CAGACAZZO…”
“E ALLORA CHE C’È?” REPLICÒ FRANCO STRAPPANDO UN BRANDELLO DI CARNE DAL SUCCOSO XENACANTO.
“NON NE SONO SICURO. STAMATTINA MI SONO SVEGLIATO CON UNA SENSAZIONE STRANA: SONO STATO UN DIMETRODONTE PER TUTTA LA VITA, FRANCO, MA NON HO MAI RIFLETTUTO SU COSA SIGNIFICHI QUESTA CONSAPEVOLEZZA PER ME. E INVECE OGGI MI SONO TROVATO DI COLPO A REALIZZARE CHE IL NOSTRO MONDO ESISTE PERCHÉ NOI LO PENSIAMO, E SE NON FOSSIMO NOI A PENSARLO COSÌ COM’È, POTREBBE ANCHE NON ESISTERE, O ESISTERE IN UN MODO DEL TUTTO DIVERSO. QUESTO CONFERISCE ALLE COSE UN SIGNIFICATO DEL TUTTO DIVERSO… MOLTO PIÙ RELATIVO E TRANSITORIO… NON CREDI?”
FRANCO SGHIGNAZZÒ: “SEI TORNATO A MASTICARE QUELLE ALGHE, VERO?”
POVIA SCOSSE LA TESTA: “FA VERAMENTE CALDO, OGGI, FRANCO… VERAMENTE TROPPO CALDO.”
“POVIA, DEVI SMETTERE DI OCCUPARE LA TUA BREVE ESISTENZA DI SINAPSIDE CON QUESTE ELUCUBRAZIONI DEL CAZZO. I DIMETRODONTI NON SONO STATI CREATI PER PRODURRE FILOSOFIA SPICCIOLA, MA PER SOLCARE IL PIANETA FACENDO SFOGGIO DELLE LORO MAESTOSE VELE DORSALI E BATTERE LE PALUDI DEL GONDWANA ALLA RICERCA DI CIBO E DI FREGNA. OGNI ALTRA COSA È UNA PERDITA DI TEMPO, E LO SAI BENISSIMO…”
“CIBO E FREGNA.”
“ESATTAMENTE…”
POVIA ANNUÌ, MA DENTRO DI SÉ NON RIUSCIVA A SMETTERE DI PENSARE CHE QUELLA MATTINA ERA VERAMENTE CALDO.

AI CONFINI DEL RANCORE: PARTE SECONDA

IL MASTODONTICO CAMION SPAZIALE ISLAMICO SFRECCIAVA LESTO IN DIREZIONE DELLA TERRA.
SULLA FIANCATA, LO STEMMA NERO DEL CALIFFATO CAMPEGGIAVA TETRO, ILLUMINATO DALLA LUCE GELIDA DELLE STELLE, MENTRE IN LONTANANZA, SULLA SCIA DEL CAMION, LO “SVENTRAFICHE STELLARE” ERA LANCIATO IN UN DISPERATO INSEGUIMENTO.
ATTRAVERSO LO SCHERMO DELLA PLANCIA, SMAILA PUNTÒ IL DITO CONTRO IL CAMION: “TENENTE ACCORSI, OTTENGA UN AGGANCIO SUL BERSAGLIO.”
“BERSAGLIO FISSATO, CAPITANO. GLI EMETTITORI PROSTATICI SONO CARICHI.”
“FUOCO!”
DAI BANCHI DI PRUA DELLO SVENTRAFICHE, UNA PIOGGIA DI MORTE UROLOGICA SI ABBATTÉ SULLA NAVE JIHADISTA, SUPERANDO LO SCUDO E MANDANDO IN PEZZI UNO SPECCHIETTO RETROVISORE.
“CAPITANO, CI STANNO CHIAMANDO.”
SMAILA GHIGNÒ: “ABBIAMO LA LORO ATTENZIONE… APRA LA COMUNICAZIONE, TENENTE.”
LO SCHERMO RONZÒ PER UNA FRAZIONE DI SECONDO, E POI L’INTERFERENZA LASCIÒ IL POSTO ALL’IMPONENTE FIGURA DI FRANCOIS LECLERQUE.
“FRANCOIS… TI TROVO INVECCHIATO…”
“IL TEMPO NON È STATO GENEROSO NEANCHE CON TE, UMBERTO”, GRUGNÌ LECLERQUE SOTTO I FOLTI BAFFI, “NE È PASSATO DI TEMPO DAL RAMPANTE SERGENTE MAGGIORE CHE CONOBBI NELLE BATTAGLIE DELLA GRANDE ANDROPAUSA GALATTICA.”
“GIÀ… SONO SALITO DI GRADO DA ALLORA…”
“PROMOVEATUR UT AMOVEATUR, UMBERTO. DICIAMOCI LA VERITÀ: SE ALL’AGENZIA TI TENESSERO DAVVERO IN CONSIDERAZIONE NON TI AVREBBERO ASSEGNATO QUESTA MISSIONE SUICIDA… GUARDATI… UNA VOLTA ERI GRANDE… ORA SEI SOLO GRASSO… E PATETICO.”
SMAILA SCOSSE IL CAPO SORRIDENDO:
“ANDIAMO, FRANCOIS… MISSIONE SUICIDA? HAI DUE METRI DI SBRAGO NELLO SCAFO… E PER QUANTO RIGUARDA LA MIA FORMA FISICA… SÌ… CON L’ETA’ HO PRESO SU QUALCHE CHILO, MA QUESTE PROVOCAZIONI INFANTILI TI SMINUISCONO… PERCHE’ IL GRASSO IO LO POSSO PERDERE, MA TU NON PUOI FARE NULLA PER CAMBIARE CIO’ CHE SEI… UN VECCHIO, TOZZO PINNIPEDE ANIMATO SOLO DALL’ODIO E DALLA FRUSTRAZIONE… UN ANIMALE SCONFITTO…”
UN LAMPO DI RABBIA ILLUMINO’ GLI OCCHI DEL TRICHECO.
“IL TUO HYBRIS SARÀ LA TUA CADUTA, UMBERTO”, RISPOSE GORGOGLIANDO LECLERQUE, “QUANDO LA TUA MADREPATRIA SARÀ RIDOTTA AD UN CRATERE FUMANTE, E I TUOI CONCITTADINI SARANNO MANGIME PER LE MIE TRUPPE, MI CONCEDERÒ LO SFIZIO DI UNA SODDISFAZIONE PERSONALE, E LUCIDERÒ LE MIE ZANNE COL SANGUE DELLE TUE GIUGULARI… VECCHIO FIGLIO DI PUTTANA”, E CON UN COLPO DI PINNA CHIUSE LA COMUNICAZIONE.
“OH… CHE MALEDUCATO!” ESCLAMÒ SMAILA.
“CAPITANO, STO RICEVENDO UNA COMUNICAZIONE DAL DOTTOR CREPET”, ANNUNCIÒ ACCORSI TRAFELATO, “I JIHADISTI HANNO ASSALTATO LE SEZIONI DI POPPA.”
“LE SEZIONI DI POPPA?”
“SÌ… CON UN GOMMONE… HANNO DISABILITATO I MOTORI… E HANNO PRESO POVIA.”
“MERDA!”
[…]
I MUJAHIDEEN GETTARONO POVIA AI PIEDI DI LECLERQUE.
“AAAAAH, IL CELEBRE CANTANTE!” ESCLAMÒ AL BAGHDADI ESTRAENDO IL SUO GROSSO COLTELLACCIO DELLA PACE, “QUANDO TI AVRÒ CAVATO LA LARINGE, CI SOFFIERÒ DENTRO NELLE SERATE PRIMAVERILI PER ATTIRARE GLI STORNI.”
“LASCIALO IN PACE” SBUFFÒ LECLERQUE, SBATTENDO IL CALIFFO A TERRA CON UN POSSENTE COLPO DI PINNA.
“CHE HA QUESTO DI PARTICOLARE RISPETTO AGLI ALTRI?” RIBATTÉ STIZZITO ABU BAKR, “NON LI VOLEVI VEDERE MORTI TUTTI QUANTI?”
“GIÀ… PERCHE’ NON MI UCCIDI SUBITO LECLERQUE? FACCIAMOLA FINITA!” SBOTTÒ POVIA DIGRIGNANDO I DENTI.
“LE COSE SONO UN PÒ PIÙ COMPLESSE DI COSÌ, GIUSEPPE…”
“COMPLESSE IN CHE MODO?”, CHIESE BAGHDADI, “È ORA CHE COMINCI A SPIEGARTI MEGLIO, FRANCOIS. QUESTE TUE CONTINUE RETICENZE MI HANNO STANCATO.”
IL TRICHECO SI GIRÒ VERSO IL GRANDE PANNELLO TRASPARENTE CHE ILLUMINAVA L’HANGAR DELLA NAVE-ARMA: ALL’ESTERNO, GLI AMMASSI STELLARI SI PERDEVANO IN LONTANANZA, NEL BUIO ALGIDO DELLO SPAZIO.
“POVIA, HAI MAI SENTITO PARLARE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE, PRIMA CHE VENISSE SCHIACCIATO NELL’AVIDA MORSA DEI SAVOIA?”
“CERTO, MA NON CAPISCO C-”
“ALLORA SAPRAI CHE SI TRATTAVA DELLA NAZIONE PIÙ EVOLUTA DELL’EUROPA OCCIDENTALE: NIENTE DISOCCUPAZIONE, NIENTE EMIGRAZIONE, UNA DELLE MIGLIORI UNIVERSITÀ DEL MONDO, LA PRIMA FERROVIA, LA PRIMA FLOTTA MERCANTILE…”
“…E MILITARE! LE SO BENE QUESTE COSE, LECLERQUE, SONO UNA PERSONA INFORMATA, E CI HO FATTO PURE UNA CANZONE!”
“CERTO… QUESTO È CIÒ CHE È RIMASTO NEI LIBRI DI STORIA. MA QUELLO CHE NON SAI, CARO POVIA, È CHE IL REGNO DI NAPOLI FU IL PRIMO PAESE NELLA STORIA DELL’UMANITÀ AD AVERE UN PROGRAMMA SPAZIALE.”
POVIA AGGROTTÒ LE SOPRACCIGLIA: IL SILENZIO DELLO SPAZIO PAREVA ESSERSI FATTO ASSORDANTE.
“GIÀ…” CONTINUÒ LECLERQUE, “IL PRIMO PROGETTO DI ESPLORAZIONE DELLE STELLE… MA I PERFIDI SETTENTRIONALI LO VENNERO A SAPERE: NON POTEVANO LASCIARE CHE I LORO ODIATI CUGINI DEL SUD FORMASSERO L’AVANGUARDIA NELLA CONQUISTA DEL COSMO, E FU ALLORA CHE COMINCIARONO A COSPIRARE CON LE POTENZE STRANIERE PER DISTRUGGERE IL NOSTRO REGNO…”
POVIA SUSSULTÒ: “IL… VOSTRO…. REGNO??”
“NELL’ORA PIÙ BUIA, CON LE BARBARE ARMATE DI GARIBALDI ORMAI ALLE PORTE DELLA CITTÀ, RE FRANCESCO E GRAN PARTE DELLA FAMIGLIA REALE FURONO FRETTOLOSAMENTE IMBARCATI SULLA ‘SFACIMM 12’, UNA NAVE SPERIMENTALE IN GRADO DI SUPERARE DI ALMENO DIECI VOLTE LA VELOCITÀ DELLA LUCE DI UN AUTOVELOX.
MENTRE CON CUORE AMARO OSSERVAVANO IL GOLFO DI NAPOLI FARSI SEMPRE PIÙ LONTANO, I BORBONE GIURARONO DI VENDICARSI CONTRO COLORO CHE LI AVEVANO COSTRETTI A QUELL’UMILIANTE ESILIO…
DOPO AVER VAGATO SENZA META PER ANNI NELLA DESOLAZIONE DELLO SPAZIO, LA LORO NAVE, ORMAI A CORTO DI CARBURANTE, NAUFRAGÒ SULLA SUPERFICIE INNEVATA DI CETI ALFA 4. ERA UN AMBIENTE SELVAGGIO, INOSPITALE, MA GENERAZIONE DOPO GENERAZIONE LA NOSTALGIA PER QUELLA LONTANA PATRIA PERDUTA DIEDE AI MIEI ANTENATI LA FORZA DI COSTRUIRE UN’AVANZATA CIVILTÀ DEI GHIACCHI… NEI SECOLI, FINIRONO PER PERDERE I LORO CONNOTATI UMANI, DIVENENDO POTENTI TRICHECHI SESSUALI DALLE SCONFINATE CAPACITÀ TELEPATICHE…
ORA LE STORIE DEL NOSTRO ESILIO SONO UNA MEMORIA LONTANA… UNA LEGGENDA… I GIOVANI HANNO DIMENTICATO, POVIA… PREFERISCONO PASSARE LE ESTATI A CROGIOLARSI SUGLI ICEBERG DELL’ARCIPELAGO MERIDIONALE, TRACANNANDO LIQUORE DI COCCO IN COMPAGNIA DI QUALCHE FOCA DI PINNA FACILE, PIUTTOSTO CHE PERSEGUIRE LA REALIZZAZIONE DEL NOSTRO GRANDE SOGNO IRREDENTO… MA NOI NON POSSIAMO DIMENTICARE… NON POSSIAMO LASCIARE CHE LA FIAMMA DELL’ODIO SI SPENGA… È L’UNICA COSA CHE CI RIMANE.”
LECLERQUE APPOGGIÒ UNA PINNA SUL VETRO: SULLA SUPERFICIE CONVESSA DEI SUOI GRANDI OCCHI NERI SI RIFLETTEVANO I BAGLIORI DELLE COMETE, E I COLORI SGARGIANTI DELLE NEBULOSE.
“AVEVAMO IL SOLE, E IL MARE… ORA NON CI RESTA CHE IL FREDDO ETERNO DI MILLE SOLI E MILLE MARI… E IL CALORE DELL’ODIO È LA NOSTRA EREDITÀ.”

AI CONFINI DEL RANCORE: PARTE PRIMA

POVIA CHIUSE GLI OCCHI: LO AVEVA PERCEPITO. ED ERA STATO PERCEPITO A SUA VOLTA.
IL CORPO DEL CANTANTE, IMMERSO NELL’AMARO MONTENEGRO CHE RIEMPIVA LA CAMERA STAGNA, EBBE UN SUSSULTO. L’AMARO, RIDUCENDO L’IMPEDENZA PSICHICA INTORNO A POVIA, GLI AVEVA CONSENTITO DI PROIETTARE UN CAMPO TELEPATICO DI AMPIA PORTATA, CON UN RAGGIO DI ALCUNE DECINE DI ANNI LUCE.
QUESTA AMPLIFICAZIONE AVEVA OTTENUTO L’EFFETTO DESIDERATO: SCOVARE FINALMENTE IL NEMICO.
IL NEUROPSICHIATRA DI BORDO AZIONÒ IL COMUNICATORE:
“DOTTOR CREPET A SALA COMANDO.”
DALLA PLANCIA DELLO “SVENTRAFICHE STELLARE”, L’ASTRONAVE CHE L’AGENZIA SPAZIALE ITALIANA AVEVA PREDISPOSTO A QUELLA VITALE MISSIONE, IL CAPITANO UMBERTO SMAILA FISSAVA PENSIEROSO UN FITTO CAMPO DI ASTEROIDI.
ASSISO SULLA SUA POLTRONA DI COMANDO, SMAILA TAMBURELLAVA CON LE DITA SUL BRACCIALE: L’ATTESA STAVA DIVENTANDO SNERVANTE.
“CAPITANO”, ESCLAMÒ IL NAVIGATORE STEFANO ACCORSI, “HO RICEVUTO UNA COMUNICAZIONE ORA DAL DOTTOR CREPET: POVIA È ENTRATO IN CONTATTO.”
TUTTI I MEMBRI DEL PERSONALE DI PRUA, FINO A QUEL MOMENTO INDAFFARATI NELLE LORO MANSIONI, ALZARONO GLI OCCHI DALLE RISPETTIVE CONSOLE E SI VOLTARONO VERSO ACCORSI.
SMAILA SI ALZÒ IN PIEDI: “CI SIAMO.”
NON POTEVA VEDERLO, ALMENO NON NEL SENSO LETTERALE DELLA PAROLA, MA POTEVA SENTIRLO, SEMPRE PIÙ FORTE. L’AVEVANO CERCATO PER MESI E ORA, NELLE SILENZIOSE DISTESE DELLO SPAZIO VUOTO, LA COSCIENZA EXTRACORPOREA DI GIUSEPPE POVIA SI TROVAVA FINALMENTE FACCIA A FACCIA CON LA NEMESI DELLA RAZZA UMANA: FRANCOIS LECLERQUE, SOVRANO DEI TRICHECHI SESSUALI DI CETI ALFA 4, FISSAVA POVIA IN CAGNESCO, CON UN ODIO PIÙ VECCHIO DELL’UNIVERSO.
LECLERQUE NON LO TEMEVA: I POTERI MENTALI DI UN QUALSIASI TRICHECO SESSUALE ERANO INCOMMENSURABILMENTE SUPERIORI A QUELLI DEL PIÙ ADDESTRATO TELEPATE UMANO. MA SENTIVA CHE POVIA STAVA NASCONDENDO QUALCOSA, E QUESTO LO FACEVA SENTIRE VULNERABILE.
CON LA MASCHERA DELL’OSSIGENO CHE GLI COPRIVA NASO E BOCCA, POVIA NON POTEVA PARLARE, MA COMUNICAVA CON CREPET MEDIANTE IL CODICE DEI SEGNI.
“IL DOTTOR CREPET MI STA INVIANDO DELLE COORDINATE”, DISSE ACCORSI RIVOLGENDOSI AL CAPITANO SMAILA.
“IMPOSTI UNA ROTTA”, ORDINÒ SMAILA, “NON PERDIAMO ALTRO TEMPO.”
“C’È UN’ALTRA COSA”, BALBETTÒ ACCORSI.
“COSA?”
“CAPITANO… SI TRATTA DI LECLERQUE…”
SULLA PLANCIA SCESE UN SILENZIO TOMBALE.
SMAILA FISSÒ IL VUOTO STELLARE: ERA VERAMENTE LA RESA DEI CONTI.
SULLA NAVE-ARMA, AL BAGHDADI STAVA PERCORRENDO A PASSI SVELTI IL LUNGO CORRIDOIO CHE CONDUCEVA ALL’HANGAR RISERVATO DI LECLERQUE. ENTRÒ PREOCCUPATO.
“FRANCOIS, UNA NAVE DA GUERRA ITALIANA È ENTRATA NEL PERIMETRO.”
LECLERQUE ALZÒ UNA PINNA IN SEGNO DI STIZZA: “E ALLORA? IL TUO CAGARTI ADDOSSO PER OGNI MINIMO PROBLEMA COMINCIA AD IRRITARMI, ABU BAKR. È UNA NAVE ANTIQUATA: I LORO RAGGI PROSTATICI NON POTREBBERO SCALFIRE NEPPURE IL MARGINE ESTERNO DEL NOSTRO SCUDO UROLOGICO.”
“DOBBIAMO PRENDERE DELLE PRECAUZIONI, FRANCOIS. SECONDO IL SERVIZIO DI INTELLIGENCE GLI ITALIANI AVREBBERO RIADATTATO GLI EMETTITORI IN MODO DA EMETTERE RAGGI PROSTATICI SU UNA FREQUENZA OSCILLANTE. TI CONSIGLIO DI RIMODULARE GLI SCUDI.”
“QUESTO RALLENTEREBBE I PREPARATIVI DELLA NAVE-ARMA. DOBBIAMO ESSERE PRONTI A COLPIRE IL PRIMA POSSIBILE: NON POSSIAMO DARE AGLI ITALIANI IL TEMPO DI ELABORARE CONTROMISURE.”
“LA GATTA FRETTOLOSA FECE I FI-”
“BASTA!!!” URLÒ IL TRICHECO.
I BAFFI DI LECLERQUE SI ERANO RIZZATI SUL MUSO, CONTORTO IN UNA SMORFIA DI DISPREZZO ACCENTUATA DALLE LUNGHE ZANNE AFFILATE.
LA CAPACITÀ DI CONCENTRAZIONE DEL TRICHECO, DIVISA TRA LA PRESENZA TELEPATICA DI POVIA E LE LAMENTELE DI AL BAGHDADI, SI ERA DECISAMENTE SURRISCALDATA.
BAGHDADI FECE UN PASSO INDIETRO, INTIMORITO.
“È POVIA, VERO?”
IL CALIFFO NON CAPIVA L’ODIO ATAVICO VERSO GLI ITALIANI CHE ANIMAVA LECLERQUE. LUI, SÌ, AVEVA RAGIONE DI DETESTARLI: AVEVANO CONQUISTATO LA SUA FORTEZZA DI AL RAQQA, COSTRINGENDO I JIHADISTI A CERCARE FORTUNA NELLO SPAZIO A BORDO DI UN VECCHIO MODULO SOVIETICO. E I MUJAHIDDEEN SI ERANO SORPRESI DI AVER TROVATO, SU QUEL PIANETA LONTANO, UNA RAZZA CHE NUTRIVA VERSO L’ITALIA SENTIMENTI ANCOR PIÙ OSTILI DEI LORO.
I TRICHECHI, DEL RESTO, LI AVEVANO AIUTATI A PROGETTARE LA LORO RIVALSA, E AL BAGHDADI NON AVEVA MAI AVUTO RAGIONE DI DUBITARE DELLE LORO INTENZIONI.
MA LE LORO MOTIVAZIONI, QUELLE SÌ, GLI RIMANEVANO OSCURE.
“LECLERQUE, PERCHÉ ODI TANTO GLI ITALIANI?”
IL TRICHECO TRASSE UN PROFONDO RESPIRO: “QUANDO AVREMO DISTRUTTO LA PENISOLA, RIDURREMO I SUPERSTITI IN SCHIAVITÙ E LI PORTEREMO IN PARATA TRIONFALE A TRICHECHIA, DOVE SARANNO BERSAGLIO DELLO SCHERNO E DEGLI SPUTI DELLA NOSTRA GENTE. QUINDI LI SOTTOPORREMO A TORTURE SENZA FINE, MANTENENDOLI VIVI CON MEZZI CHIMICI, FINCHÉ LE LORO MEMBRA SARANNO TALMENTE STRAZIATE CHE LA MENTE SI SEPARERÀ DAL CORPO PER EVITARE IL DOLORE. E ALLORA, FORSE, GLI CONCEDEREMO IL SOLLIEVO DELLA MORTE.”
NON ERA UNA RISPOSTA ALLA SUA DOMANDA, MA UN BIZZARRO NON SEQUITUR CHE LASCIAVA A BAGHDADI TUTTI I SUOI DUBBI.
SI CONGEDÒ IN SILENZIO DA LECLERQUE, RIMUGINANDO: ALL’ALBA DEI TEMPI, QUANDO ANCORA L’ESISTENZA NON AVEVA FORMA ORGANICA, DOVEVA ESSERE SUCCESSO QUALCOSA TRA ITALIANI E TRICHECHI, UN SEGRETO ABOMINEVOLE CHE SI ERA TRAMANDATO ATTRAVERSO GLI EONI, UN’EREDITÀ DI ODIO E SANGUE CHE RIMANEVA ANCORA CELATA NELLE NEBBIE DELLA MEMORIA.
ERA PROPRIO QUELL’EREDITÀ CHE BRUCIAVA NEL CUORE MALIGNO DI LECLERQUE, ORA CHE SI PREPARAVA ALLO SCONTRO CON POVIA NELLE REGIONI IMMATERIALI DELLO SPAZIO TELEPATICO. E SENTIVA CHE POVIA ERA SEMPRE PIÙ VICINO.
“ECCOCI ARRIVATI ALLE COORDINATE, CAPITANO”, DICHIARÒ ACCORSI.
SULLO SCHERMO, IN ORBITA ATTORNO AL PIANETA PRINCIPALE DI QUEL SISTEMA, ERA VISIBILE UNA STRUTTURA CELESTE DALLA FORMA ANOMALA.
“SEMBRA ESSERE UNA PICCOLA LUNA”, AGGIUNSE IL NAVIGATORE.
“NON È UNA LUNA QUELLA”, AGGIUNSE SMAILA STRINGENDO LE PALPEBRE ED AVVICINANDOSI ALLO SCHERMO, “È UN FURGONE SPAZIALE ISLAMICO.”