“VIENI, FABIO, SBRIGATI, IL SOLE STA CALANDO.”
IN EFFETTI, I PRIMI BAGLIORI DEL TRAMONTO STAVANO COMINCIANDO A TINTEGGIARE IL CIELO DI UN ROSSO PALLIDO.
MI AFFRETTAI LUNGO IL PENDIO.
MIKE SI ERA MESSO A SEDERE SUL CIGLIO DEL BURRONE, CON LE GAMBE SOSPESE NEL VUOTO, COME SE NON AVESSE PAURA.
LO RAGGIUNSI E GUARDAI GIÙ, VERSO LA VALLATA CHE SI APRIVA MAESTOSA AI NOSTRI PIEDI.
NON FECI ALCUNA FATICA A SCORGERLA: LA CREATURA ERA LÀ IN FONDO, ADAGIATA PLACIDAMENTE IN UN’IMMENSA CONCA.
NON AVEVA ARTI DI ALCUN GENERE, O PERLOMENO NON ERANO VISIBILI. SI NOTAVANO SOLO DUE IMMENSE MAMMELLE, CHE SI FONDEVANO CON L’INFORME MASSA ADIPOSA DEL RESTO DEL CORPO.
AD UN’ESTREMITÀ LE PERSONE SI AVVICINAVANO UNA ALLA VOLTA, SCARICANDO SACCHETTI DI PLASTICA E SCATOLE DI CARTONE DENTRO QUELLA CHE APPARIVA COME LA GROTTESCA PARODIA DI UNA CAVITÀ ORALE. DALL’ALTRO CAPO, UNA FILA INTERMINABILE DI GENTE ATTENDEVA PAZIENTEMENTE IL PROPRIO TURNO: AD INTERVALLI REGOLARI L’ORIFIZIO ANALE DELL’ESSERE DEPOSITAVA SUL TERRENO DEI CURIOSI OGGETTI OBLUNGHI, SIMILI A GROSSE UOVA BIANCHE, CHE LA GENTE RACCOGLIEVA SODDISFATTA.
“COSA SONO?”
“OPINIONI, FABIO. VEDI: LE PERSONE DANNO IN PASTO ALLA CULARELLI GRASSI BOCCONI DELLA PROPRIA QUOTIDIANITÀ, CONDITI DI OGNI MINIMO DETTAGLIO DELLE LORO MISERABILI ESISTENZE. LA CULARELLI LI MASTICA, LI DIGERISCE, E PARTORISCE DELLE INTERESSANTISSIME OPINIONI, DI CUI LA GENTE VA GHIOTTA. QUESTO FACEVA AL FATTO QUOTIDIANO SELVATICA, QUANDO ERA ANCORA UMANA… L’OPINIONISTA…”
“MA CHE LAVORO È?”
MIKE SCROLLÒ LE SPALLE.
AGUZZAI LA VISTA PER GUARDARE MEGLIO LA CREATURA, E MI RESI CONTO CHE PULSAVA SÌ DI ORRORE, MA DI UN ORRORE VACUO, SENZA SOSTANZA; E QUESTO NON FACEVA CHE METTERMI ANCORA PIÙ ANGOSCIA.
“MIKE… COME È SUCCESSO TUTTO QUESTO?”
MIKE SOSPIRÒ.
UNA BREZZA LEGGERA FECE SVOLAZZARE LE FALDE SOTTILI DEL SUO MANTELLO. NELLA CONCA, L’EMPIO RITUALE ERA ILLUMINATO DAI RIVERBERI PURPUREI DEL SOLE MORENTE.
“OGNI EPOCA HA I SUOI MOSTRI FABIO, E NON DOBBIAMO MERAVIGLIARCI CHE IL MOSTRO DI QUESTA EPOCA SIA UN RIFLESSO DEI NOSTRI PECCATI…VEDI… I LUOGHI COMUNI SONO SEMPRE ESISTITI, MA SELVATICA HA COMINCIATO A GENERARNE DI NUOVI, SI È MESSA A SFORNARE LUOGHI COMUNI PIÙ VELOCEMENTE DI QUANTO LA SOCIETÀ POTESSE SMALTIRLI. E POI HA CREATO LUOGHI COMUNI SUI LUOGHI COMUNI, IN UN CRESCENDO ORGIASTICO DI BANALITÀ AUTOREFERENZIALI SENZA FINE, ALIMENTATO DAL FLUSSO ININTERROTTO DI OVVIETÀ INSIPIDE CHE LE VENIVANO DALL’OPINIONE DI MASSA.
ANCHE NOI L’ABBIAMO NUTRITA FABIO, ANCHE IO E TE, LO ABBIAMO FATTO DISTRATTAMENTE, SENZA PRESTARVI TROPPA IMPORTANZA.
E QUANDO CI SIAMO RESI CONTO DI CIÒ CHE AVEVAMO CREATO, ORMAI ERA TROPPO TARDI…
HAI MAI SENTITO PARLARE DELL’INCUBO ONTOLOGICO PRIMIGENIO?
GLI ANTICHI AVEVANO PREVISTO CHE SAREBBE NATO QUI, ALL’INTERSEZIONE DELLE PULSIONI DEGENERATIVE DI OGNI CIVILTÀ PIÙ EVOLUTA.
E COSÌ È STATO.
IMMAGINA UNA SOCIETÀ TALMENTE DOMINATA DAL SUPERFLUO, CHE AD UN CERTO PUNTO DEL SUO SVILUPPO È LO STESSO SUPERFLUO A DIVENTARE ESSENZIALE, E VICEVERSA.”
“LA FINE DELLA STORIA…”
“ESATTO. GUARDA LÀ: UNA COTICA SPESSA E VISCIDA DI CRASSA SUPERFICIALITÀ SORRETTA DA UNO SCHELETRO DI MONOTONIA BORGHESE. E SOTTO? IL VUOTO. LO VEDI, FABIO? UN VUOTO TALMENTE ASSOLUTO CHE LA MENTE UMANA NON È IN GRADO DI CONCEPIRE… L’INFORME LEVIATANO.”
“CREDO DI VOLER URLARE, MIKE… ”
“GUARDALO BENE. QUELLO È IL VENTUNESIMO SECOLO. MA CHE DICO… QUELLO È IL TERZO MILLENIO.”
“NON È POSSIBILE MIKE. DOBBIAMO FARE QUALCOSA… POSSIAMO FARE QUALCOSA, VERO?”
“NON C’È NULLA CHE POSSIAMO FARE. LA STORIA È FINITA, FABIO: NOI ABBIAMO PERSO, E IL LEVIATANO HA VINTO.”