L’ULTIMO DIBATTITO DI SILVIO

“NOI NON ABBIAMO NESSUNA PREGIUDIZIALE VERSO FORZA ITALIA. MA FORZA ITALIA DEVE DECIDERE DA CHE PARTE STARE: SE DALLA PARTE DELL’EUROPA DEI BANCHIERI, DEI POTERI FORTI E DELL’IMMIGRAZIONE SELVAGGIA, O DALLA PARTE DEGLI ITALIANI E DI UN’ITALIA FORTE, CHE PROTEGGA I SUOI CONFINI, LA SUA MONETA E I SUOI CITTADINI.”

NELL’ULTIMA FRASE SALVINI AVEVA MESSO L’ENFASI SU QUEL ‘SUOI’, QUASI A VOLERLO SPUTARE IN FACCIA AGLI ALTRI PARTECIPANTI AL DIBATTITO: A RENZI, CHE GUARDAVA AVANTI A SÉ CON UN SORRISO SORNIONE, A GRILLO, CHE RIDACCHIAVA AGITANDOSI IN MODO SCOMPOSTO, E A BERLUSCONI, CHE FISSAVA NEL VUOTO CON UN’ESPRESSIONE DI IMPENETRABILE SERIETÀ.

MENTANA SI GIRÒ VERSO BERLUSCONI: “PRESIDENTE, PENSO CHE QUESTA DOMANDA SIA PER LEI.”

BERLUSCONI RIMASE FERMO. I SUOI OCCHI CONTINUAVANO A VAGLIARE PAESAGGI DELLA MENTE BEN LONTANI DA QUELLO STUDIO TELEVISIVO. PASSARONO DIVERSI SECONDI. C’ERA UN SILENZIO CARICO DI TENSIONE, COME UNA CORDA TESA.

“PRESIDENTE?”

BERLUSCONI ALZÒ LA TESTA: “NON LO SO.”

NELLO STUDIO SI SOLLEVÒ UN BRUSIO DI SORPRESA.

“PREGO?”

“GIÀ. NON LO SO. E NEANCHE MI IMPORTA MOLTO, SE DEVO DIRE LA VERITÀ.”

GLI ALTRI LEADER LO FISSARONO INCREDULI.

“PRESIDENTE È SICURO DI SENTIRSI BENE?”

BERLUSCONI SORRISE.

“NON SONO MAI STATO MEGLIO IN VITA MIA. E CONFERMO CIÒ CHE HO DETTO: NON CONOSCO LA RISPOSTA ALLA DOMANDA DI MATTEO. E NEPPURE MI INTERESSA. VEDE, MENTANA: SONO ENTRATO IN POLITICA PIÙ DI VENT’ANNI FA PER METTERE IN ATTO LA RIVOLUZIONE LIBERALE, PER CREARE LAVORO E BENESSERE PER TUTTI. O ALMENO COSÌ PENSAVO… IN REALTÀ MI STAVO CALANDO DENTRO UN INVOLUCRO CHE GENERAZIONI DI IPOCRISIA AVEVANO COSTRUITO AL MIO POSTO. UNA MASCHERA PRECONFEZIONATA, SULLA QUALE NON AVEVO CONTROLLO E CHE NON POTEVO CAMBIARE. E NELLA MIA CIECA CONVINZIONE DI RENDERE LIBERI GLI ITALIANI NON MI SONO ACCORTO CHE STAVO INCATENANDO ME STESSO. STAREMMO BENE FUORI DALL’EUROPA? NON LO SO. CI VUOLE UN FRENO ALL’IMMIGRAZIONE? BOH. CHI SONO IO PER DARVI DELLE RISPOSTE? NON SIAMO NEANCHE FUORI DALL’UTERO CHE GIÀ CI DIVIDONO IN QUESTE TRIBÙ, E INSTRADANO IL NOSTRO PENSIERO A MUOVERSI NEI LORO CONFINI E SEGUENDO LE LORO SOVRASTRUTTURE. E DA QUALCHE PARTE IN TUTTO QUESTO CI DIMENTICHIAMO CHE SIAMO ESSERI UMANI. SÌ, ESSERI UMANI. ANCHE NOI QUATTRO. MATTEO, IO NON RIESCO A NON TROVARTI SIMPATICO, SAI? E BEPPE, I TUOI SPETTACOLI MI HANNO SEMPRE FATTO MORIRE DAL RIDERE.”

“PRESIDENTE, NON CREDE CHE IL SUO SIA UN DISCORSO UN PO’ QUALUNQUISTA? NEL MONDO CI SONO DECISIONI DA PRENDERE, E I CITTADINI VI ELEGGONO PER QUESTO.”

“CI SONO DECISIONI DA PRENDERE? E CHI LO DICE? NON È DETTO CHE TUTTE LE DECISIONI DEBBANO ESSERE PRESE PER FORZA.”

“MA NEL MONDO CI SONO PERSONE REALI, CON PROBLEMI REALI CHE HANNO BISOGNO DI RISPOSTE REALI.”

“E NOI POSSIAMO RISOLVERLI? PRENDENDO DECISIONI BASATE SU CATEGORIE ARTIFICIALI COMPLETAMENTE AVULSE DAL VIVERE COMUNE DELLE PERSONE? NO. L’HO FATTO PER TROPPO TEMPO. ADESSO BASTA. C’È UNA SOLA DECISIONE CHE VOGLIO PRENDERE IN QUESTO MOMENTO, ED È QUELLA DI ANDARE A CASA AD ABBRACCIARE I MIEI NIPOTI. ADDIO.”

BERLUSCONI SI TOLSE IL MICROFONO, SI ALLENTÒ LA CRAVATTA E USCÌ SVELTO DALLO STUDIO, CON UN SORRISO SERAFICO STAMPATO SUL VOLTO.

“HA RAGIONE”, ESCLAMÒ RENZI, “HA RAGIONE LUI. MI SONO ROTTO I COGLIONI DI QUESTO TEATRINO. VOGLIO SPOGLIARMI NUDO E CAMMINARE COME UN VELOCIRAPTOR!”

IL SEGRETARIO DEL PD SI STRAPPÒ I VESTITI DI DOSSO, SI MISE SULLE PUNTE DEI PIEDI, FLETTENDO BRACCIA E GAMBE E TENENDO LE MANI A GUISA DI ARTIGLIO, E POI SI MISE A CAMMINARE INTORNO NELLO STUDIO, ONDEGGIANDO LA TESTA AVANTI E INDIETRO, PROPRIO COME L’ANTICO RETTILE PREDATORE DEL PERIODO CRETACEO.

“IO VOGLIO PICCHIARE LA MINCHIA CONTRO IL DIRETTORE MENTANA!” SENTENZIÒ GRILLO ESTRAENDO LA SUA MAZZA BUTTERATA DAI PANTALONI.

“GRILLO LA PREGO, DESISTA DA QUESTA FOLLIA”, URLÒ MENTANA MENTRE IL COMICO LIGURE LO RINCORREVA CON LA SUA FLACCIDA APPENDICE AL VENTO.

E TRA IL PUBBLICO LA GENTE SI SPOGLIAVA E SI CIMENTAVA IN RAPPORTI SESSUALI IMPROVVISATI, NONCURANTE DELLA TESTATA NUCLEARE NORDCOREANA CHE DI LÌ A POCO AVREBBE POLVERIZZATO LO STUDIO DI LA7 E DISTRUTTO PER SEMPRE LA CIVILTÀ UMANA.

OGNUNO VALEVA UNO

AD UNO SCHIOCCO DELLE DITA DI GRILLO, I MEMBRI DEL DIRETTORIO USCIRONO DALLA STANZA IN PIENA AUTONOMIA DECISIONALE: LA RAGGI ERA RIMASTA DA SOLA COL SUO LEADER.

BEPPE APPOGGIO’ LA MANO SULLA COSCIA DELLA PROCACE AMMINISTRATRICE PENTASTELLATA: “VIRGINIA, PERCHE’ NON VUOI OBBEDIRE? PERCHE’…”

“BEPPE TI PREGO… DEVO DIMOSTRARE DI ESSERE INDIPENDENTE…”

LE TOZZE DITA INDAGATRICI DEL COMICO LIGURE SI SPINSERO OLTRE, PROVOCANDO BRIVIDI DI INCONFESSABILE PIACERE SULLA PELLE DELLA GIOVANE SINDACA.
“BASTA BEPPE… BASTA…”

GLI OCCHIETTI FURBI DI GRILLO SI ACCESERO DI UNA LUCE FEROCE, QUANDO CAPI’ DI ESSERE VICINO ALL’OBIETTIVO: LE SUE DITA FRUGARONO FRENETICAMENTE NEL SAPIDO CARPACCIO DELLA SINDACA, E FINALMENTE TROVARONO L’AMBITO TESORO NASCOSTO.

LA CONCHIGLIA SI APRI’ SPONTANEAMENTE, COME UN MAGICO SCRIGNO, AL TOCCO DEL SUPREMO LEADER, RIVELANDO I RIFLESSI AMBRATI DELLA PREZIOSA PERLA CAPITOLINA.

“CARA VIRGINIA… SEI TROPPO CASTA PER I MIEI GUSTI…”
E COSI’ DICENDO BEPPE SI ALZO’ IN PIEDI E ABBASSO’ LA LAMPO, ESPONENDO ALLA VISTA DELLA RAGGI IL PREPOTENTE ARIETE DELL’ANTIPOLITICA.

VIRGINIA SI RESE CONTO CHE NEI MINUTI SUCCESSIVI, CHE LEI LO VOLESSE O MENO, L’ONESTA’ SAREBBE ANDATA DI MODA: SENZA PROFERIRE PAROLA SI PIEGO’ NELLA POSIZIONE DEL CITTADINO VESSATO DALLE POLITICHE DELL’AUSTERITA’.

BEPPE EVOCO’ DAL PROFONDO DEI SUOI MARCI POLMONI UN’ABBONDANTE DOSE DI CATARRO VERDOGNOLO, DEPOSITANDOLO CON UNO SPUTO SULL’ATROCE STORIONE DELLA MORTE.

ERA PRONTO: PENETRO’ DENTRO LE ISTITUZIONI CON LA FORZA DI UN DEMONE IRACONDO.

E UN GRIDO RISUONO’ NELLA CAPITALE.

OGNUNO VALEVA UNO.